La manutenzione delle strutture nelle industrie alimentari

1. Premessa

L’approvazione del regolamento comunitario 178/2002 nonché il progetto di riforma della disciplina sull’igiene delle produzioni agro-alimentari industriali (la cui approvazione è prevista per il Luglio prossimo) hanno rafforzato la posizione “di garanzia” dell’imprenditore nei confronti della salubrità degli alimenti prodotti determinando un aumento delle sue responsabilità civili, amministrative e penali.

Le rigide prescrizioni sull’igiene degli ambienti produttivi già contenute nell’allegato I alla Direttiva 93/43 sono state riprese e rafforzate da questi interventi (con particolare riferimento ai principi del sistema HACCP) e impongono la rivisitazione dei concetti di progettazione e manutenzione fin qui adottati aprendo nuove strade a:

  • studio e utilizzo di nuovi materiali (si pensi alla eliminazione progressiva del vetro negli strumenti di misura e di controllo dei processi).
  • realizzazione di nuove forme costruttive.
  • diverse disposizioni (lay-out) degli impianti.
  • nuovi materiali con livelli di resistenza sempre più elevati nei confronti delle aggressioni chimiche sia dei fluidi di processo che dei detergenti.
  • utilizzo di prodotti con elevata compatibilità nei confronti degli alimenti e con la capacità di “prevenire” gli effetti di condizioni ambientali particolari (si pensi all’affioramento di muffe e di colonie di batteri in ambienti caldi e umidi)

Da quanto sopra emergono con forza 2 concetti, uno pratico e l’altro economico:

a) la necessità di disporre di strumenti e prodotti manutentivi alternativi a quelli esistenti

b) indici rappresentati dal rapporto qualità/prezzo e qualità/tempo estremamente elevati

2. L’adeguamento dell’Industria Alimentare alle nuove norme

2.1. La situazione esistente

Il concetto di “ambiente adeguato alle produzioni alimentari” ha subìto nel corso degli anni numerose modificazioni sia a causa della spinta di normative sempre più severe collegate molto spesso a casi eclatanti di cattiva igiene (infestazioni, corpi estranei, ecc.) che grazie allo sbocco sul mercato di prodotti/materiali sempre più all’avanguardia.

In ambito industriale si possono trovare “criticità igieniche” tra le più disparate. Proviamo ad elencarne qualcuna evidenziando le conseguenze più immediate:

a) assenza di raccordi tra pavimento e parete: tale discontinuità impedisce la perfetta pulizia e genera ricettacoli di sporcizia. Inoltre la linea di incontro tra parete e pavimento è quasi sempre sede di fessurazioni più o meno evidenti e la conseguenza di ciò e rappresentata da infiltrazioni e/o infestazioni. (violazione del punto b- cap I e punto a- cap II allegato al D.leg. 155/97)

b) pareti, sia intonacate che non, localizzate in ambienti caldi e umidi rivestite con prodotti non adeguati o addirittura non rivestite: l’effetto immediato di questa situazione è rappresentato dall’affioramento di muffe e/o da “spellicolatura” incipiente del rivestimento (violazione del punto b- cap I e punto b- cap II allegato al D.leg. 155/97)

c) pavimentazioni con piastrelle aventi le fughe fessurate o con incipiente distacco: questa situazione comporta infestazioni, infiltrazioni e l’esaltazione del danneggiamento a causa dei carichi agenti sul pavimento. Anche le pareti molto spesso sono rivestite con piastrelle: le problematiche sono le stesse di quelle citate, ma con un rischio in più rappresentato dalla possibile contaminazione del prodotto a causa del distacco del rivestimento verticale o di parte di esso. (violazione del punto b- e c- cap I allegato al D.leg. 155/97)

d) vecchi pavimenti ricoperti in aree più o meno estese da molteplici livelli di resine aventi caratteristiche diverse e molte volte non compatibili tra di loro: distacchi, rigonfiamenti, porosità e quindi impossibilità di una detersione accurata. (violazione del punto a- cap II allegato al D.leg. 155/97)

e) utilizzo di detergenti aventi pH <5 o >8 e cicli di processo con prodotti aggressivi: se non sono stati utilizzati rivestimenti o materiali adeguati si generano ben presto erosioni e distacchi

f) rivestimenti (sia in piastrelle che in resine) troppo rigidi per la elasticità del supporto di fondo: le dilatazioni/contrazioni di quest’ultimo (dovute anche a condizioni di temperatura particolari: si pensi alle celle frigo) non sono seguite dal rivestimento con conseguenti fessurazioni e distacchi.

g) ambienti che per necessità del ciclo di processo sono costantemente “bagnati”: infiltrazioni, assorbimenti con successivo rilascio di muffe, e, non per ultimo, pericolo di cadute degli operatori sono gli effetti più visibili. (violazione del punto b- cap I e punto a- e b- cap II allegato al D.leg. 155/97)

Come si può notare molteplici sono le situazioni nelle quali il PRODOTTO è sottoposto a rischio di inquinamento con l’aggravante che gli elementi inquinanti come insetti, frammenti di intonaco, di piastrella, di rivestimento e di vetro non sono rilevabili a valle dopo la fase di confezionamento se non con macchine che valutano variazione di densità, come quelle ai RAGGI X, dai costi decisamente elevati e non alla portata di tutte le industrie alimentari: tanto per definire in tal senso un possibile impatto economico, si può valutare il costo di un rilevatore a RAGGI X capace di 700 letture/minuto non inferiore ai €150.000.

Non di meno risulta essere il “costo aziendale” dovuto alla ricaduta della scoperta da parte di una ASL locale di condizioni igieniche ambientali precarie. Infatti si può partire da una multa più o meno pesante fino ad arrivare alla chiusura degli impianti per consentire una rapida, efficace e senz’altro costosa bonifica.

Infine, ma non per ultimo, non dimentichiamoci del “colpo” che l’immagine dei prodotti e la credibilità dell’azienda ricevono.

La maggioranza delle situazioni che abbiamo descritto deriva sostanzialmente da 2 linee d’azione non corrette:

a) interventi di manutenzione effettuati in maniera approssimativa sia dal punto di vista dell’utilizzo di prodotti non adeguati in funzione dell’utilizzo finale, che dal punto di vista dell’organicità dell’intervento (molto spesso infatti, soprattutto per problemi di tempo, si operano azioni di riparazione “localizzate”).

b) utilizzo di prodotti per rivestimenti e pavimentazioni non rispondenti a pieno alle funzionalità finali richieste

In entrambi i casi citati infatti, risulta fondamentale conoscere le condizioni operative finali dei reparti e ed il loro stato d’uso. A questo proposito illustriamo alcuni esempi di interventi di manutenzione nella loro forma sbagliata e corretta.

a) Cella frigo con pavimento in piastrelle e loro distacco

In questo caso le condizioni di traffico con carrelli elevatori sono molto spesso pesanti. E’ sufficiente che una piastrella si rompa o inizi a distaccarsi, che sia i carichi dinamici che le infiltrazioni d’acqua dovute ai normali fenomeni di condensa tendono ad esaltare il fenomeno sulle piastrelle vicine. Molte volte gli interventi di manutenzione prevedono la riparazione localizzata (ma il problema viene semplicemente spostato in un’altra zona della cella) oppure il ricoprimento del pavimento esistente con una resina chimica. In quest’ultimo caso due sono gli errori che si commettono: 1) non si valuta lo stato di distacco del pavimento nel suo insieme e la nuova resina non potrà certo risolverlo b) dato per scontato che l’”aggrappaggio” tra piastrella e sottofondo sia buono, si posa in opera la resina senza verificare l’umidità residua del fondo. I conseguenti fenomeni di risalita dell’umidità provocheranno spinte idrostatiche con distacco della resina.

b) Rivestimento delle pareti in condizioni ambientali caldo-umide

Con normali rivestimenti quali idropittura ed indipendentemente dal supporto avremo ben presto affioramento di muffe (le note macchie nero-verdi ben conosciute da chi opera per esempio negli ambienti dove sono presenti dei pastorizzatori). In questo caso è sbagliato rimuovere le muffe mediante semplice raschiatura e riverniciare con lo stesso prodotto.

Occorre prima eseguire una disinfezione accurata delle pareti con ipoclorito di sodio, attendere la completa asciugatura del supporto e quindi procedere alla verniciatura con prodotti antimuffa previa stesura di un primer di ancoraggio.

Sono soltanto 2 esempi che però coprono in grado esteso la totalità delle condizioni tipiche di igiene precaria presenti nelle industrie alimentari.

2.2 Gli interventi di manutenzione e bonifica

Alla luce di quanto si è detto, risulta evidente che operazioni di manutenzione localizzate o non eseguite nel giusto modo non solo non risolvono il problema ma esaltano negativamente le criticità evidenziatesi all’’inizio. Per questo occorre procedere con modalità dipendenti:

a) dallo stato d’uso del supporto (pavimento o parete)

b) dalla sua struttura di origine

c) dalla sua destinazione e quindi scegliendo prodotti adeguati a ciò

Chiariamo in dettaglio quanto indicato.

L’analisi della condizione esistente del pavimento e della parete è fondamentale per poter scegliere le modalità d’intervento ed i prodotti più adeguati.

Nel caso di pavimenti in cls lisciato o quarzato è frequente la presenza di fessurazioni “a ragnatela” e di giunti, sia di costruzione che di dilatazione, con crepe evidenti. Questo tipo di pavimento inoltre risulta avere una caratteristica di antisdrucciolo insufficiente e una forte tendenza a rimanere macchiato: si pensi a questo proposito alle industrie vinicole dove frequenti sono i lavaggi e le fuoriuscite di prodotto, soprattutto vino rosso. In questo caso è sufficiente una minima crepa perché sia l’acqua che il prodotto si infiltrino al di sotto del pavimento con le conseguenze immaginabili. Le azioni da eseguire in questo caso sono le seguenti:

  • pulizia accurata di tutte le fessure e dei giunti, e loro eventuale allargamento per favorire la costipazione con prodotti elastici e resistenti alle aggressioni chimiche. Questa operazione è estremamente delicata perché rappresenta il “supporto” alla ripavimentazione finale, con la quale i prodotti utilizzati dovranno essere compatibili sia in termini di aderenza che in termini di modulo elastico.
  • pallinatura o fresatura del supporto in cls per favorire sia l’aggrappaggio che l’asportazione di parti di pavimento tendenti a distaccarsi. Eventuali avvallamenti che si creino durante questa fase con il distacco di cls dal supporto dovranno essere riportati a livello con il resto del pavimento al fine di non creare differenziali di spessore, e quindi di resistenza.
  • stesura di un primer sul supporto così ottenuto previa accurata pulizia dello stesso.
  • realizzazione delle gusce perimetrali prima della resinatura finale in modo da poter incorporare queste ultime in maniera monolitica con il pavimento finito
  • resinatura finale avendo cura di scegliere ed applicare il giusto grado di antisdrucciolo che dovrà essere un compromesso tra la facilità di pulizia e l’azione preventiva di anti-caduta.

I pavimenti piastrellati danno modo di scegliere due possibili direttrici d’azione:

1) nel caso di piastrelle ben ancorate al supporto di fondo, occorrerà rimuovere con accuratezza il materiale con cui sono costipate le fughe e soprattutto i giunti; quindi si procederà ad una pallinatura del supporto, con stesura di primer e resinatura finale.

2) qualora le piastrelle evidenzino distacchi più o meno marcati è consigliabile procedere alla loro completa asportazione e procedere quindi come per il pavimento in cls. Rappezzi localizzati avranno sicuramente breve vita e saranno fonte di continui microinterventi. Sia nel caso di pavimento in cls che di quello piastrellato, la scelta della resina che costituirà la nuova pavimentazione dovrà essere fatta in funzione di:

  • sostanze aggressive provenienti dal ciclo di lavoro o utilizzate per detergere. Non esistono prodotti che rispondono allo stesso modo alle azioni delle sostanze chimiche: se una particolare resina ha un ottimo comportamento nei confronti dei prodotti utilizzati nel ciclo produttivo, può andare in crisi con l’uso di un semplice detergente a base alcolica. Per questo è fondamentale lo scambio di informazioni tra Cliente e Fornitore di pavimenti, e soprattutto quest’ultimo dovrà avere sufficiente professionalità da saper indirizzare il Cliente verso scelte sicure e efficaci.
  • o carichi dinamici verticali ed orizzontali. In questo caso è lo spessore della resina che può fare la differenza, a parità di resistenza chimica. Per carichi notevoli (> 500 kg/m²) è consigliabile posare spessori compresi tra 6 e 8 mm, mentre per carichi inferiori si può scendere a spessori di 2-3 mm.

Una menzione particolare è riservata ai giunti di costruzione. Come è noto essi sono realizzati per dare continuità alle sollecitazioni verticali tra due porzioni estese di pavimento costruite in tempi diversi e per permettere i movimenti differenziali tra di esse.

Molto spesso i bordi di questi giunti sono rotti a causa del fatto che non sono stati realizzati con gli opportuni profili di protezione degli spigoli, lasciando quindi che le tensioni si concentrassero su superfici estremamente ridotte e generando pertanto σ elevate.

Affinché si possa ripristinare correttamente la funzionalità del giunto così realizzato, la manutenzione di questo componente deve prevedere la sua completa demolizione, la ricostruzione, il nuovo taglio e l’ancoraggio di un profilo su entrambi i lati che possa poi essere riallineato al pavimento vicino con la ricostruzione della sezione del pavimento.

Avendo a che fare con pavimenti posati su solai, quanto detto precedentemente resta naturalmente valido, ma occorrerà aggiungere alcune considerazioni sulle deformazioni alle quali è sottosposto il solaio e quindi il pavimento. Per evitare crepe più o meno marcate bisognerà pertanto indirizzarsi verso prodotti che rispondano ottimamente non solo dal punto di vista chimico ma anche da quello meccanico, quindi con allungamenti percentuali elevati e capacità di “aggrappaggio” con il sottofondo notevoli.

****

Considerazioni analoghe possono essere fatte per i rivestimenti delle pareti, valutando allo stesso modo il loro stato d’uso, la struttura del supporto e la destinazione.

Quasi sempre è consigliabile rimuovere lo strato di verniciatura presente (mediante raschiatura o, meglio, con una idropulitrice a pressione), a meno che la prova di “strappo” non abbia dato esito positivo.

Per supporti rigidi, quali muri in cls o in muratura ma portanti, si possono utilizzare prodotti ad alto spessore (200-300µ), mentre in presenza di pannelli prefabbricati è consigliabile l’uso di rivestimenti a basso spessore (< 100µ) in genere più elastici.

Naturalmente la nuova verniciatura dovrà possedere i requisiti oggi normalmente richiesti dall’industria alimentare in genere:

  • resistenza chimica
  • traspirabilità
  • impermeabilità
  • facilità di lavaggio
  • assenza di porosità
  • capacità di inibire nel corso degli anni la formazione di muffe e colonie di batteri in genere
  • assenza di solventi che possono essere rilasciati sia durante la posa che nel corso della vita del rivestimento
  • atossicità nei confronti del contatto con prodotti alimentari

Ultimamente è emersa una nuova esigenza che genererà inevitabilmente una richiesta ai fornitori di rivestimenti: l’assoluta loro impermeabilità alla migrazione di molecole di anidride carbonica che è sempre di più utilizzata per la disinfezione di grandi magazzini di stoccaggio dei prodotti.

2.3 I tempi e i costi delle manutenzioni

Nella premessa si è accennato al valore di due indici fondamentali:

a) rapporto qualità/prezzo

b) rapporto qualità/tempo

Il valore espresso dal primo indice è, naturalmente, estremamente chiaro: occorre che il prezzo che l’industria paga per l’intervento sia ampiamente compensato da un livello qualitativo eccellente sia in termini oggettivi, cioè di risposta del pavimento o rivestimento alle varie sollecitazioni cui sono sottoposti, che in termini temporali, cioè la durata negli anni della soluzione scelta.

Ma il costo “bruto” dell’intervento di ripavimentazione o di riverniciatura non è il solo sostenuto dall’Azienda. Ben più pesanti possono essere infatti i costi generati dal fermo degli impianti per permettere l’intervento:

  • costi di ammortamento non coperti dalla produzione
  • perdita di fatturato per la mancata produzione
  • rottura degli stock a magazzino
  • possibile perdita delle quote di mercato

Il senso dell’indice “qualità/tempo” sta proprio in questi concetti: riuscire a dare la massima qualità nel minor tempo possibile di fermo impianto grazie a:

  • assenza di prodotti volatili quali solventi che necessitano di periodi più o meno lunghi di aerazione dei locali
  • catalizzazione rapida dei composti utilizzati al fine di consentire dopo poche ore addirittura il passaggio con carrelli elevatori
  • posa semplice e senza la necessità di utilizzare particolari attrezzature che richiedano di spostare macchinari e/o impianti.

3. L’offerta di Steri-x Service

Steri-x Service è all’avanguardia da decenni nella fornitura e posa in opera di pavimentazioni industriali e rivestimenti fluidi speciali, in particolare per l’Industria Alimentare e Farmaceutica.

Le pavimentazioni Sterifloor A a basso ed alto spessore, certificate e garantite, sono caratterizzate da un’eccellente resistenza all’usura e all’abrasione, facili da pulire, senza giunzioni e igienicamente sicure.

Hanno un tempo di polimerizzazione non superiore a 20’ alle normali temperature e dopo soltanto 2 ore dalla posa possono essere utilizzate con il passaggio di carrelli elevatori, quindi al massimo dei carichi sopportati.

Sono assolutamente impermeabili ai liquidi residui di lavorazione e a quelli per la detergenza. Sono inoltre resistenti alla maggior parte degli acidi e alcali con concentrazioni anche fino al 40% nel caso dell’Acido Fosforico. Caratteristica fondamentale è la loro stabilità nel tempo, qualità che garantisce durata e resistenza, e la loro completa atossicità. Non si macchiano in quanto la finitura superficiale (top) è tale da aumentare enormemente la tensione superficiale delle gocce di liquido cadute sul pavimento, fenomeno caratterizzato dalla nota forma “a menisco” assunta dalle gocce stesse: praticamente non vi è adesione e questo permette di preservare il pavimento dalle macchie e di pulirlo facilmente.

La posa di Sterifloor A non necessita di attrezzature particolari mentre la preparazione e miscelazione dei componenti viene fatta presso il Cliente, garantendo in questo modo un prodotto stabile e perfettamente miscelato.

La garanzia minima del pavimento è di 5 anni e può essere fornito con diversi gradi di antisdrucciolo (da R12 a R14) per ottemperare al DL 81/08.

Sterifloor A è quindi un prodotto altamente versatile e capace di soddisfare pienamente le esigenze di durata, garanzia, praticità e facilità di manutenzione che le moderne industrie alimentari e farmaceutiche richiedono.

****

Steri-x Service è in grado di fornire anche rivestimenti fluidi superficiali che coniugano il fattore estetico (superficie lucida, semi-lucida o opaca) a quelli funzionali come:

– l’elevato grado di elasticità che rimane costante in un campo esteso di temperatura: da -50° a +100°. Grazie a ciò questi rivestimenti coprono tutti i campi di applicazione presenti nelle industrie alimentari, dalle celle frigorifere ai locali per essiccazioni statiche.

– la resistenza agli urti

– l’assenza di rilascio di particelle solide nel corso della vita del rivestimento: questa caratteristica impedisce la contaminazione dei prodotti e permette di superare brillantemente i test di contaminazione ambientale (follow-up particellare) che sono normalmente eseguiti nei locali adibiti a sterilizzazione di teleria per sale chirurgiche.

– l’assenza di composti organici volatili (VOC): è una caratteristica importante richiesta in quelle industrie alimentari dove i prodotti tendono ad assorbire gli odori molto facilmente e che permette la posa anche senza il fermo degli impianti.

– l’assoluta atossicità nei confronti del contatto con i prodotti alimentari: a questo

proposito sono garantiti dai più importanti Enti ed Autorità, quali EPA, USDA, FDA, BBA.

– tempi di posa estremamente brevi

– inibizione della crescita di muffe, funghi e colonie di batteri per tutta la durata del rivestimento grazie alla presenza di antibatterici permanenti legati al polimero di base: la garanzia minima in tal senso è di 10 anni.

– categoria di CLASSE 0 per quanto riguarda la resistenza al fuoco

– massima lavabilità e resistenza ai più comuni detergenti

– adattabilità a qualsiasi supporto

– sintesi di impermeabilità e traspirabilità: questo permette di operare con frequenti lavaggi senza che il supporto ne risenta e di posare il rivestimento anche in presenza di umidità di fondo.

La serie di prodotti Stericlean è l’espressione e la sintesi delle caratteristiche sopra citate, e rappresentano una gamma di prodotti appositamente formulati per risolvere specifiche esigenze igieniche e per garantire la sicurezza di operare a lungo in ambienti sani.

CONCLUSIONI

Grazie alle loro caratteristiche i prodotti Steri-x Service possono contribuire in modo decisivo alla idoneità degli ambienti produttivi alla certificazione di qualità igienica ai sensi dei principi del Codex Alimentarius e alla corretta implementazione di un sistema Haccp secondo le indicazioni della norma Uni 10854, strumenti sempre più utilizzati per la promozione dell’immagine delle industrie alimentari sul mercato, garantendo nel contempo agli imprenditori alimentari la piena rispondenza delle proprie strutture produttive alle nuove normative comunitarie sull’igiene in fase di approvazione.

Steri-x Service Sa – Via Soldini 22 – 6830 Chiasso Tel +41 91 9605871

[su_carousel source=”media: 845,846,847,848″ width=”960″ height=”260″ title=”no”]

2015-08-24T00:00:30+00:00